Cilento Coast: il mito di Palinuro

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Palinuro è una meravigliosa località balneare del Cilento, un altro fiore all’occhiello del nostro meraviglioso territorio, Bandiera Blu ed inserito nel contesto del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, che si estende sulla piccola penisola dell’omonimo promontorio, Capo Palinuro, rinomato per la bellezza paesaggistica, le sue bellezze naturalistiche e per la presenza di grotte sia emerse, visitabili in barca, che sottomarine, raggiungibili solo in immersione.

Il sorriso di Palinurus percorre i libri V e VI dell’Eneide, il massimo poema epico in esametri dattilici della letteratura latina, e il suo mito aleggia tra le pagine, dispiegandosi in tutta la sua bellezza suggestiva.
“Nunc me fluctus habet versantque in litore venti” è il  verso che apre la triste storia del nocchiero di Enea che cadde nelle acque scure di notte, ingannato dal dio Sonno, mentre traghettava la sua flotta verso l’Italia, Caduto in mare, Palinuro sarebbe rimasto per tre giorni in balia dei flutti e delle correnti, invocando invano il nome dei propri compagni, ormai sordi e con gli orecchie foderate di cera come Odisseo che non voleva udire il canto ammaliatore delle sirene.
Il punto in cui Palinuro si sarebbe perduto, inghiottito dai flutti, corrisponderebbe, secondo la descrizione dell’Eneide, al tratto di costa campano del Mar Tirreno, tra l’insenatura di Pisciotta e il golfo di Policastro, proprio di fronte all’omonimo capo Palinuro.

L’ Auster, vento australe che spira da sud, (e tradotto con Noto dall’Eneide), condurrà Palinuro sulle spiagge italiche dove andrà incontro a un destino nefasto.
Palinuro, approdato sulla terraferma, verrà catturato dagli abitanti del luogo, ucciso e rigettato in mare, alla stregua di un mostro marino di cui sbarazzarsi.
La profezia di Nettuno, che aveva dato a Venere il proprio beneplacito a trarre in salvo la flotta di Enea in cambio di una vittima, s’era avverata: Unum pro multis dabitur caput.
“Caput” sta a significare il capo di Palinuro, il suo capo sacrificale da vittima immolata per la salvezza di Enea e della sua gente.
Nel libro VI, il protagonista sarà il soffio dello spirito tormentato di Palinuro, che incontrerà Enea durante la sua famosa discesa nell’Ade, in compagnia della Sibilla Cumana: chiederà all’eroe di dare degna sepoltura al suo corpo gettato in mare e rapito dalle onde, affinché la sua tomba non fosse più il mare ignoto e scuro ma la terra materna e accogliente.
Lo scongiura di ritrovare il suo corpo e restituirlo alla terra, ma la Sibillina rivelerà che il corpo di Palinuro non verrà mai più ritrovato.
La straziante vicenda della mancata sepoltura di Palinuro verrà ripresa anche da Dante nella Divina Commedia, nel canto VI del Purgatorio, quando Palinuro chiede a Virgilio, ormai in un’ottica non più pagana ma sublimata a un senso di allegoria cristiana e medievale, del rapporto tra preghiere dei vivi e richieste di suffragi da parte delle anime purganti.

L’omonimo capo di Palinuro, è il simulacro di pietra della storia del nocchiero di Enea, e sta a simboleggiare emblematicamente questo borgo.

Alcuni scavi effettuati intorno agli anni ’50, portarono alla luce una necropoli arcaica risalente al VI sec. a.c. con inumazioni ed arredi funerari, tra cui una moneta riproducente su un lato la scritta PAL-MOL e sull’altro l’effigie di un cinghiale in corsa.

Alcuni indizi però e qualche leggenda indicherebbero la presenza umana in quei luoghi, già tre secoli prima.

Non sono presenti tracce o elementi riconducibili all’epoca romana, anche se è verosimile che le caratteristiche del promontorio siano state utilizzate con assiduità dalle navi sia commerciali che militari dell’antica Roma.

Con le scorrerie saracene ed il declino della vicina Molpa si ebbe l’incremento urbano ed abitativo di Palinuro in concomitanza con l’occupazione normanna.